Un esame (quasi) inaspettato
Quando un anziano maestro giapponese di Judo che tiene una lezione all’estero vede sul tatami un connazionale più giovane, è quasi una certezza che quest’ultimo venga “preso di mira”! Questo è proprio ciò che mi è capitato ad Este lo scorso 18 ottobre 2015 durante lo stage del M° Shiro Yamamoto, 9° Dan del Kodokan di Tokyo. Sono rimasto piacevolmente stupito dal fatto che si ricordasse di me a distanza di quattro anni dal nostro ultimo incontro ed altrettanto piacevole è stato rivedere il M° Alessio Oltremari, assistente ed interprete del Maestro per l’occasione.
Dopo aver osservato con attenzione le Ukemi-waza dei partecipanti, il Maestro Yamamoto ha preso come campioni di una buona esecuzione Filippo (11 anni) e Riccardo (13 anni). Constatando che ero proprio io il loro insegnante, la sua voglia di “prendermi di mira” deve essersi consolidata. Infatti, durante lo studio dello Taiotoshi mi ha chiesto di eseguirla ed io, ovviamente, ho dovuto acconsentire nonostante il mio ginocchio sinistro dolorante da qualche giorno. Perciò, il mio Taiotoshi non è stato un granché ed il consiglio del Maestro è stato, puntualmente, quello di piegare maggiormente il ginocchio! Dopodiché, è stata la volta del Kata (1) e avvicinandosi il Maestro mi ha chiesto quale dei Kata volessi eseguire. La scelta è caduta sul Nage-no-kata ed in quel frangente rivolgendosi ad Oltremari, il Maestro Yamamoto ha detto: << Watanabe-kun o ijimeyo! >>, che in italiano suona pressappoco così: << Facciamo dei dispetti al piccolo Watanabe! >>.
“... nello Judo non bisogna avere pregiudizi e che di fronte alle diversità bisogna sempre avere il beneficio del dubbio e verificare, provare e approfondire”
A questo punto vorrei aprire una piccola parentesi, per condividere i pensieri che in quel momento mi sono passati per la mente e che non ho voluto esternare per rispetto nei confronti della situazione e del Maestro.
Intanto, alcuni di coloro dai quali ho imparato il Kata e verso cui nutro una profonda gratitudine erano li, presenti, come i maestri Pierluigi Giabardo, Denis Voltolina e Olindo Boscolo; poi, la mia pratica del Nage-no-kata nel corso di molti anni di studio, ha registrato vari cambiamenti e modifiche.
Il Maestro Cesare Violino mi ha sempre insegnato che nello Judo non bisogna avere pregiudizi e che di fronte alle diversità bisogna sempre avere il beneficio del dubbio e verificare, provare e approfondire. Di conseguenza, soltanto con l’ausilio di una ricerca seria si è in grado di assimilare, adattare ed eventualmente scartare o riprendere qualcosa.
Dopo una bella esecuzione di Koshiki-no-kata da parte del Maestro Oltremari, la lezione è terminata con un Mon-do, cioè il momento in cui porgere delle domande al Maestro. Tra le cose dette, ciò che ha stimolato maggiormente la mia riflessione è stata quella del Maestro Yamamoto il quale ha affermato che i Kata del Kodokan di Tokyo sono stati tramandati inalterati e sono rimasti gli stessi dall’epoca di Jigoro Kano.
Coloro che studiano veramente i Kata e quindi non quelli che lo fanno solo in vista di un’esame o di una gara, sanno che la loro esecuzione cambia ed è differente non solo tra una generazione e l’altra ma anche tra maestri della stessa generazione. Per esempio, basta osservare i rari filmati o fotografie in cui Jigoro Kano esegue i Kata in modo molto diverso rispetto a quelli di oggi.
Quindi, quale senso attribuire all’affermazione del Maestro Yamamoto, dall’alto della sua esperienza?
“...i Kata del Kodokan di Tokyo sono stati tramandati inalterati e sono rimasti gli stessi dall’epoca di Jigoro Kano.”
Non è un mistero, infatti, che solamente chi dopo molti anni di pratica e di studio dei Kata ha iniziato ad interiorizzarne il significato, può cogliere e comprendere il vero senso delle differenze nelle varie esecuzioni. Inoltre, i recenti sviluppi a livello internazionale delle gare di Kata le quali hanno uno scopo prettamente divulgativo e promozionale, hanno visto il Kodokan promulgarsi con grandi sforzi nella loro rigida codificazione.
Gli esperti, comunque, sanno che la pratica costante del Kata porta inevitabilmente ad una graduale personalizzazione e, quindi, a delle differenze nell’esecuzione. Solamente un Kata siffatto esce dai rigidi schemi di un giudizio di gara ed entra nel vasto mondo di uno Judo più interiore e più profondo, in definitiva, più autentico.
La giornata, dopo la fatica e l’emozione di essere stato messo sotto esame da un Maestro di così grande livello, è stata coronata da un lauto pranzo presso un agriturismo delle vicinanze e da una breve ma interessante visita al Museo Nazionale Atesino.
Non posso concludere questo articolo senza nominare le persone che con la loro partecipazione hanno dato vita a questa bellissima trasferta.
Innanzitutto, le famiglie Signorelli, Punter e Tommasoni che hanno regalato ai loro figli, Sara, Filippo, Lorenzo e Riccardo questa esperienza. Inoltre, Giorgio, Pierluigi, Alessandro mia moglie Anna e nostro figlio Nicolò, sempre presenti e solidali.
Grazie a tutti!
Takeo Watanabe
(1) Kata 形 = forma, modello. Sono una serie di tecniche prestabilite eseguite tra due
persone. I Kata preservano i principi basilari delle tecniche dello Judo.
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18 ottobre 2015
yawara venezia
Hajime